martedì 20 agosto 2024

Ci pensa Abdullah!







"Assalomu aleykum".
"Valeykum assalom".
Tu sei veramente nella merda ma non vuoi darlo a vedere e poi, per quanto i due tagiki verso i quali ti stai dirigendo siano due assoluti sconosciuti, devi  certamente essere educato con loro, rispettando i rituali del posto.
Ecco allora che, toccandoti il delicatamente il cuore con la mano destra, ti avvicini  augurando loro la pace. 
Loro ti ricambiano con uguale augurio.
Li hai visti dalla piazzola del distributore dove la moto di Omar è giunta con l'ultimo rantolo.
In realtà, per l'emergenza appena creatasi, ti ha subito intrigato il piccolo e datato pick-up Hyundai  cui  sono appoggiati mentre chiacchierano amabilmente su quell'assolata carrareccia .
Ad occhio e croce, infatti, sul cassone si potrebbe forse trasportare l'Africa Twin ormai comatosa.  
Allora indichi loro l'infingarda poco lontana, con qualche gesto fai capire che non va e chiedi se possono portarla verso  la capitale Dushanbe. 
Abdullah, è lui il padrone del pick-up (con qualche piccola mancanza come scopriremo poi), annuisce subito, pacato e gentile.
Non è molto alto, tarchiato, spalle robuste, ventre prominente ma compatto come la corazza di un tank; di un tank ha pure l'agire deciso ed inarrestabile. I tratti somatici non sono tagiki ma caucasici, probabilmente è di etnia russa, una minoranza qui abbastanza nutrita. Veste in modo semplice ma elegante; il cappellino color caki ed il viso abbronzato suscitano incomprensibili suggestioni  da serial TV sulle spiagge californiane.
Ci dirigiamo verso la moto e lui ci conferma che la cosa è fattibile, indicandoci sul display del cellulare la sua richiesta economica, onestissima.
Affare fatto.
In un lampo, grazie ad un terrapieno ed alle robuste braccia di lui sistemiamo la moto sul cassone e via! 
Omar salta in cabina e, grazie a google translator, gli spiega meglio le nostre necessità.
Abdullah prende in mano la situazione, individua su internet qualche meccanico di moto e, al primo che  risponde, chiede, anzi ordina, di farsi trovare di lì a poco e di procurarsi una batteria nuova; quella attuale è infatti gonfia come un melone, quasi sicuramente messa KO dal malfunzionamento del  regolatore di tensione.
Passiamo così con lui un cocente pomeriggio nella periferia di Dushanbe, nella modesta casa con officina del meccanico.
Il sole dardeggia implacabile, mentre la moglie ed i vicini si prodigano nell'offrirci bevande fresche; le bacche di tamarindo, o le foglie di qualche frutto, o le amarene rendono l'acqua deliziosa. I semplici vasi in vetro (le etichette svelano che in origine contenevano cetrioli o peperoni) sfavillano di colori, il coperchio di latta è inciso alla buona e da lì, ben riparate dalle numerose vespe e mosche, sgorgano bibite casalinghe e dissetanti.
Liquidi segni di un'aperta e disinteressata ospitalità. 
Qualcuno, non si sa come, schiaccia pure un pisolo sulla ghiaia dello stradello.
La lunga disamina, con Abdullah che sovrintende e traduce con efficenza, offre alla fine il responso che si temeva: il guaio ha messo KO pure la centralina elettronica dell'Africa Twin. Negli anni '80 era un ricercato e nuovissimo componente tecnico ereditato dalle moto che vincevano la Dakar. Ora, nell'anno 2024, quello stesso  componente non presente tra le nostre dotazioni  ed ovviamente introvabile tra i ricambisti tagiki, sancisce che gli ultimi 1500 km del viaggio (con 3 frontiere da attraversare!) la vecchia moto dovrà farseli adagiata  su di un cassone.
Non quello dello Hyundai di Abdullah però, questi ci dice infatti che ...ecco ...mi spiace ..ma non ho ancora i documenti a posto...non posso portarvi al confine uzbeco, sono 500 km, la pola mi fermerebbe sicuramente con inevitabili casini.
Lo guardiamo affranti, lo giornata sta finendo e dove lo troviamo noi un altro furgone per attraversare mezzo Tajkistan?
Lui è combattuto, ha pure un impegno che rimanda ormai da troppe ore ma, nel contempo, i suoi principii gli dicono che deve  aiutare questi stranieri in difficoltà.
Dopo un po' ci allarga il cuore facendoci cenno di aiutarlo a ricaricare la moto sul pick-up.
Noi lo seguiamo ed Omar risalta con lui in cabina; ci dirà poi che Abdullah avrà chiamato mezza città.
Il sole è tramontato e sono le 22.00 quando arriviamo in un grande snodo viario: c'è il piazzale degli autobus,  pullulano i taxi e, lo scopriremo subito dopo, qui si incontrano pure i vari corrieri.
Uno di questi, chissà come Abdullah l'avrà trovato, deve proprio eseguire alcune consegne verso la frontiera uzbeca che interessa a noi.
Lui deve partire immediatamente, ci sono oltre 500 km di brutte strade e pure il famigerato tunnel Anzob, si viaggerà di notte fino a quando non si cede.
Scossi per la non facile giornata già trascorsa e per l'imminente lungo viaggio notturno, aiutiamo Abdullah nel trasferire la moto sull'altro cassone   e poi lo abbracciamo riconoscenti.
Ognuno di noi 3 cerca di trovare un attimo di concentrazione prima dello start (manco fossimo il Pecco!); beve qualcosa, pulisce la visiera, controlla che il bagaglio sia ben stretto sulla moto, rimuove un po' di morchia dal faro. Ci aspetta qualcosa di tosto.
Non si può però non rivolgere l'ultimo sguardo ad Abdullah.
Congedatosi da noi, lui si inginocchia in un angolino tra il caos della tangenziale, la fronte prostrata a terra.
Prega.
Ha il viso a pochi centimetri da un camion ma non gli importa, sa che là davanti, lontani ma vicini a lui, ci sono la Mecca ed Allah.
Prega con una concentrazione e devozione che da noi non vedi spesso.
Prega un Dio che noi conosciamo poco e verso il quale,  proprio per questo, siamo quantomeno diffidenti.
Questo Dio ha dato però ottimi precetti ad Abdullah; lui è proprio una brava persona e ci ha aiutati.
Come lui tantissimi altri prima di lui e, ne siamo certi, anche dopo di lui. Nel mondo abbiamo sempre incontrato uomini di buona volontà; certo ci sono pure, come da noi, malvagi e cattivi ma la stragrande maggioranza è pronta a darti una mano.
Senza approfittare delle nostre difficoltà, nulla chiedendo o chiedendo il giusto.
Dedicando proprio a noi un po' di tempo.
Questo solo volevamo raccontarvi.
Perché rimanga con voi anche solo un pezzo di questa storia. 






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