lunedì 14 agosto 2023

Ciao Marco.

Arriviamo ad Yerevan verso sera e trafelati. Nella notte prepariamo con cura i bagagli, smistando quanto rimane con le moto e quanto torna in Italia. Alle 8.30 di mattina siamo fuori, serriamo le cinghie sulle moto e prendiamo il cellulare per avvisare casa; solo un messaggio, che in Italia sono le 6.30. Sul display appare improvviso l'articolo appena inviatoci da un amico. È un pugno violentissimo nello stomaco, una fucilata, ti manca il fiato. Marco ma come...? ti abbiamo conosciuto adolescente, hai lavorato sodo, con visione innovativa, appassionata ma sei ancora un ragazzo ed ora... È cosa che è impossibile concepire, un disegno che l'uomo non potrà mai comprendere. Il destino che tante volte ha risparmiato tutti noi ha invece subito scelto te. Il motore cantava allegro, bella strada, le montagne, il sole, un senso di sicura felicità ti avvolgeva e poi, improvviso, un lampo accecante che cristallizza il tutto. Che però fissa pure  per sempre il senso di gioia e libertà che ti pervadeva. Solo a questo dobbiamo pensare, sapendoti ora a parlare di moto con Roberto. Mentre lui ti riabbraccia e ti ascolta, avvolgendoti teneramente con il suo sguardo sorridente ed un po' malinconico. 





 


 

Riparazioni on the road

Non è mai una bella sensazione e, lo sapete pure Voi, di colpo perdi ogni sicurezza. Un attimo prima sei un leone e subito dopo sei lì che tremi, che ti chiedi come venirne fuori e se non è scattata una serie di rogne che non riuscirai a risolvere. Passi per la gomma bucata che comunque ha comportato un'oretta per cambiare la camera d'aria; non erano nemmeno le 8 ed eravamo già fermi. Quando però nel pomeriggio il motore è improvvisamente ammutolito, allora si è proprio pensato che la moto di Luca fosse vittima di un sortilegio. Un caldo porco ed umido, un mucchio di strada ancora da fare, una frontiera con relative pratiche da espletare, nemmeno 24 ore per ricoverare le moto (grazie Padre Elia!), un aereo da prendere diretti a casa e...la moto si ferma ancora. Dai non è possibile, due stop in poche ore! Ci si mette comunque d'impegno per capire cosa è capitato e di colpo il gruppo si divide in due nette fazioni. Da una parte due che non capiscono assolutamente una mazza di motori e scambierebbero un vaso da notte per un carburatore. Dall'altra parte una coppia che assomma  sopraffine conoscenze meccaniche ad un'ottima manualità. I due si rivelano determinanti. Senza di loro, infatti, chi sarebbe andato a comprare birre e companatico? Chi avrebbe cazzeggiato porgendo i ferri, scartando l'involucro del pezzo di ricambio dei tanti saggiamente presi con noi, o chiedendo a che punto si era? Tempo tre ore e la pompa della benzina era sostituita. Io e Renato ci guardiamo soddisfatti: senza di noi cosa avrebbero fatto? 

sabato 12 agosto 2023



 


 

Non tutte le ciambelle...

Chi viaggia lo sa bene, non sempre le cose vanno come desideri e questo è proprio quanto è accaduto a noi nei tre  giorni dopo il rientro da Kazbegi. Giorni trascorsi in una faticosissima galoppata dalle zone montane dell'estremo est della Georgia a quelle dell'estremo ovest. Dal Tusheti allo Svaneti. Per una volta siamo  stati delusi dalle indicazioni di Lonely Planet che ci diceva meraviglie di Mestia e della valle di cui è villaggio più famoso, nella famosa zona delle torri di avvistamento, le koshbeki, dello Svaneti. Non essendoci collegamenti a nord, siamo necessariamente scesi nella gran calura delle pianure, viaggiando con un caldo feroce (36/37 gradi) e molto umido. Condivano il tutto polvere, traffico e continui cantieri stradali. La Georgia è infatti  immersa in grandi opere infrastrutturali,  gestite con  la fondamentale partnership cinese nell'ambito del faraonico progetto Silk Way, investimento di Pechino dal chiaro stampo imperiale e finalizzato alla celere diffusione via gomma delle merci cinesi dall'Asia Centrale verso l'Europa. La fidata guida  non ci diceva però che la risalita verso l'Alto Svaneti era tutta lungo l'interminabile e noiosa  valle di un anonimo bacino artificiale idroelettrico. Taceva pure che Mestia straborda turisti, perlopiù arrivati lì con un comodo volo interno al locale aeroporto, tutti agghindati da scalatori pronti ad affrontare le vette caucasiche dei dintorni. Quasi tutti però, più propensi ad assalire, bardati come per l'ascensione al vicino  Elbrus (la vetta più alta del Caucaso), i tavolini delle varie multinazionali del food&beverage, qui schierate in massa. Per noi una vera delusione e dopo nemmeno un'ora siamo fuggiti da questi posti, mangiandoci le dita per i giorni che avremmo potuto trascorre negli idilliaci e solitari alpeggi visti in precedenza. La sfiga non era finita però, avendo questa addocchiato la bella Africa Twin di Luca.