venerdì 29 luglio 2016

Sono quasi le 12 e siamo a metà strada tra Kiev e Kharkiv dove dormiremo stasera a due passi dal confine russo. Se c'è sempre un posto che è il granaio di qualcosa, oggi ho capito perché l'Ucraina era il granaio del URSS! Abbiam percorso 250 km di sola, laboriosa, campagna. Nei campi le mietitrebbie lavorano alacremente, per strada vi sono solo camion stracarichi di cereali. Lungo l'autostrada scintillano le vetrine delle concessionarie delle diverse multinazionali di trattori e macchine agricole. Se l'occidente sta rinnovando l'autolesionistico abbraccio NATO all'Ucraina, uguale abbraccio immagino sia in atto nell'ambito agricolo. Ne son prova le varie insegne di molteplici ditte di sementi che contraddistinguono, fronteggiandosi, decine di chilometri di campi coltivati. Il viaggio è però noioso e per l'ennesima volta mi dispiaccio per la crisi turca che, oltre a comprimere le già fragili libertà anatoliche, mi ha negato il piacere di entrare per la terza volta in Iran in moto, sotto le pendici del monte Ararat.