mercoledì 8 agosto 2018

L'uscita poteva essere una qualsiasi delle nostre tangenziali, identica pure la campagna attraversata: stesso verde, stesse piante etc. Intendiamo dire che potevi essere al termine della strada per Vladivostok oppure all'uscita per Mazzano, magari per andare alla Piola per una pizza. Eravamo alla fine della Russia Orientale ma, caspita, era come essere a casa. Ci voglion far credere a chissà quali differenze ma qui, dopo un viaggio di venticinquemila e passa chilometri da casa, il paesaggio, gli uomini, i loro desideri, passioni, valori sono, grosso modo, gli stessi. Eppure ci raccontano, a tutti noi persone normali, che siamo diversi e che non dobbiamo fidarci gli uni degli altri, che siamo gli uni nemici degli altri. Ma ieri sera questa sensazione era netta, come netta era la percezione d'essere vittime di una colossale presa per il culo. Certo qui a pochi passi c'è quello strambo crapapelada nord coreano ma pure lui, in fondo, è un comprimario della messa in scena generale. Poi, nell'entrare in città, veniamo sconquassati dal rombo di due cacciabombardieri Sukoi sovietici a bassa quota (siamo in uno snodo geopolítico molto importante) e veniamo riportati, purtroppo, in questo che non è un gioco.

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