Lo conoscete il gioco, vero?
DUSTY ROADS Bislacca idea un giro del mondo in moto con ritorno quandochissà! Un viaggio sbocconcellato a morsi strappati al tran tran di ogni anno Con moto vecchiotte; viandanti in cerca di condivisione ed accoglienza Pamir, Mongolia, Mar di Bering il Fuji ed ora Ararat. Tappe annuali dove fermare le moto. Mondi dove portare un piccolo aiuto a bambini in difficoltà. Un ringraziamento ai popoli che ci ospitano. Una traccia che si aggiunga a quelle delle moto. Lungo le strade e nei nostri cuori.
venerdì 17 maggio 2024
Il giro dell'oca.
Lo conoscete il gioco, vero?
martedì 14 maggio 2024
Astrachan
Da est o da sud il nemico era sempre in agguato e sempre di religione diversa.
La regione, l'oblast, di Astrachan è sempre stato un baluardo difensivo per il potere politico (prima gli Zar e poi i soviet) ma pure per quello, altrettanto importante, della religione cattolica. Ortodossa ovviamente.
Qui ad Astrachan si è sempre combattuto molto e, per quanto abbia avuto anche sconfitte (per un periodo è divenuta anche un khanato tataro), quasi sempre si è vinto, preservando il controllo delle terre fertili del Volga e la supremazia sul Mar Caspio.
Appena entrati nel suo territorio vi sono, ben visibili al nemico, le croci patriarcali (simili a quella cattolica ma con una barra orizzontale in più) che, unite alle spade, simboleggiano l'intenzione di vendere cara la pelle.
Astrachan è molto bella, con edifici di pregio, prima fra tutti la cittadella medievale fortificata, il Cremlino, cuore di questa come di tutte le importanti città russe.
Si mangia anche bene, menù di pesce ovviamente, con lo storione che si contende il primato con il luccio perca (per noi ha vinto il primo, servito come trancio arrosto ed accompagnato da una deliziosa salsa al melograno).
lunedì 13 maggio 2024
Un lunedì molto umido e malinconico ma lungo un percorso davvero unico.
Le 2 moto inviate in missione in Russia (trattasi di impegno votato ad alto rischio ma questa è storia che racconteremo solo domani, chiedendo perdono per questo mezzuccio usato per aumentare l'audience) arrivarono a Vladikavkaz, capitale dell'Ossezia del Nord, sotto pioggia battente la sera di domenica.
Non li allietò, arrivati lì, sapere del terzo posto del Pecco. La notte passò poi a rimuginare se la scelta era stata giusta, a pensare ai compagni oltreconfine.
La mattina dopo però, venne spontaneo cercare di rompere l'atmosfera di malinconica depressione con uno squillante ...ma che due co...ni!
La pioggia era infatti ancora battente, mentre non c'era sconto alcuno per i km che conducevano ad Astrachan, 600 erano e 600 restavano.
Bagnati però.
La negativa atmosfera non miglioro' quando, dopo i primi chilometri, un cartello per la vicina Beslan ci ricordo' il massacro di circa vent'anni orsono.
Non potevi però ignorare la bellezza dei luoghi; pinete a perdita d'occhio, torrenti cristallini. Il meglio del paesaggio montano del Caucaso.
Anche la gente, quando ti fermavi, era gentile e felice di conoscerti; gentilezza che veniva solo un po' attenuata da quelle barbe all'uso islamico tanto in voga qui ma da noi sempre associate allo stereotipo del talebano tagliagole.
Poi il fondovalle è divenuto pianura, con enormi campi densi di grano, sempre con città ordinate e ben attrezzate. Infine le case sono divenute più semplici, rurali, ad un solo piano, con i quartieri e gli edifici circondati dai ghirigori delle grosse tubazioni esterne del gas; tristissima firma che connota l'intera urbanistica residenziale del periodo CCCP.
D'un tratto, in poche decine di chilometri, scompaiono il verde, le case, l'umanità ed inizia una steppa arida e grigia, sconfinata. Qui un tempo vivevano i calmucchi, etnia di origine mongola che, sin dai tempi degli Zar, aveva trovato un habitat simile a quello d'origine, adatto alla pastorizia ed alla vita nomade.
Qui la fanno da padroni i rapaci e le volpi; queste sono magre e scattanti, il rumore delle delle moto, per loro insolito, le fa scappare con grandi balzi e scarti ma poi, vinte dalla curiosità, si fermano a guardarti passare. I grandi occhi ancora più grandi.
Come era scomparsa la vita, d'improvviso, ricompare, tra le terre aride affiorano chiazze umide che diventano più estese, si trasformano in stagni ed in canali.
È l'enorme fiume Volga che si annuncia, con l'estuario sempre più vasto, scintillante.
Arrivi ad Astrachan con il sole che tramonta nel cielo ormai limpido, le acque blu intenso si incendiano colore rosso fuoco.
Potenza e splendore della natura.
Si sfaldano le ultime roccaforti maschili
La notizia ha fatto il giro del mondo ad inizio maggio.
Il Garrick Club, plurisecolare circolo esclusivo della Londra degli affari, non è più composto da soli uomini; una storica delibera a maggioranza ha divelto questa roccaforte, ammettendo a soci (o meglio a socie) anche le nipotine di Eva.
Negli stessi giorni, con meno enfasi ma con uguale effetto, il meno titolato ed anziano Dusty Roads Club ha ammesso tra i soci viaggiatori pure una socia viaggiatrice.
I più attenti l'avranno già notato dalle foto ma ora dobbiamo darne annuncio ufficiale, in viaggio con noi c'è pure Lorena!
La Moschea di Murtuza.
Murtuza era venuto alla luce nel 1857 in Azerbaijan e, nato li, non poteva che essere mussulmano.
Non si sa se nacque povero o benestante ma è certo però che divenne ricchissimo, super ricco, un milionario come pochi.
I suoi affari si ramificavano oltre la sua patria e, inevitabilmente, pure con la Russia degli Zar, che imperavano anche su Vladikavkaz, città lontanissima da Mosca e, invece, una delle sedi principali degli affari del buon Murtuza, che di cognome faceva Muchtarov.
Per sdebitarsi con quella città, per intessere affari ancora migliori in futuro o per raccomandarsi post mortem, fatto sta che il riccone edificò ad inizio del 1900 questa splendida moschea sunnita, da allora nota come Moschea Muchtarov.
Venne ultimata nel 1908 con grande fasto e con i migliori muezzin.
Poi, già nel 1917, arrivarono a comandare i bolscevichi che, si sa, di Zar, preti, muezzin e ricconi fecero piazza pulita.
Ah ...disse amareggiato Murtuza...valle a sapere le cose....morendo, forse di crepacuore e dispiacere, nel 1920.
Si ignora se sia servita la raccomandazione
La scelta.
Non possiamo ritardare oltre; qui è mezzanotte, siamo stanchi morti ma dobbiamo cmq dirvi il seguito del viaggio, cosa si è deciso ieri.
Non che siano tanti i nostri lettori ma ci teniamo a chi ci segue. Manzoni, lo ricordate, diceva di averne almeno quattro; pure noi ne abbiamo e, proprio perché non siamo certo Manzoni, abbiamo massima cura del "Nostro Lettore", il gentile sig. Gian Paolo che tutti i giorni ci segue dalla sua bella Salò. Ci forziamo quindi, nonostante tutto, a scrivere sempre, proprio per non deludere chi, come lui, ci segue assiduamente.
Eravamo dunque in frontiera, mogi mogi e con una decisione da prendere: 1 moto non entra in Russia e quindi che fanno le altre 3?
Vanno tutte in Russia?
Restano tutte in Georgia?
Soluzione mista?
Saremo brevi e vi diciamo che si è scelto la terza opzione, con 2 moto in Georgia e 2 in Russia; varie ragioni, complicato spiegarvele tutte, ci hanno portato a decidere così. Ma è stata una scelta difficilissima, che ci ha lasciato abbacchiati.
Completamente abbacchiati.
Enorme inciampo!
Viaggiando come si viaggia noi gli imprevisti sono sempre dietro l'angolo ma quello di domenica è stato veramente enorme.
Dopo una bella dormita tra le magnifiche vette di Kazbegi verso le 9 eravamo alla frontiera tra Georgia e Russia. Dopo l'inevitabile lunghissima attesa che caratterizza sempre questi passaggi, alla fine i nostri passaporti vengono timbrati e passiamo al controllo doganale. Ci fanno aprire tutte le borse, borsine, sacche e zaini ed anche qui molto tempo perso ma tutto ok. Si va ora all'ultimo controllo dei documenti moto per avere alla fine la carta che ti autorizza ad importarle temporaneamente nel paese ove stai entrando, con ovvio tuo obbligo pure ad uscire con la moto onde evitare illecite vendite con evasione delle tasse doganali.
E qui inciampiamo di brutto.
Per questa tratta Renato non poteva venire e, come già accaduto in passato, un sostituto, Valentino, ha guidato la sua moto, munito di un permesso internazionale in più lingue rilasciato dall'ACI. Già in passato l'avevamo usato senza problemi, anche entrando ed uscendo da frontiere russe. Questa volta però non è andata bene. Ci hanno osservato che tra le varie lingue mancava il russo; era innegabile che avessero ragione. E quindi niet, la moto di Renato guidata da Valentino non può entrare.
Le tentiamo ovviamente tutte prima di gettare la spugna, compresa una traduzione asseverata in cirillico od una nuova procura in lingua russa dall'Italia. Ma è tutto di impossibile realizzazione, i tempi sono stretti visto che domenica abbiamo il volo e, infine, abbiamo già usato il visto che non è plurimo ma a singolo ingresso.
Una volta compreso che per Valentino l'ingresso era impossibile, si è dovuto decidere che fare.
Ed è stata una scelta molto, molto difficile.
sabato 11 maggio 2024
Non è solo un vecchio copertone... Storia di una Shinko.
Beh ...che c'è da fotografare?
San Giorgio
Siamo in alto, talmente in alto che la gran parte delle nuvole è sotto di noi; c'è ne sono molte altre anche sopra le nostre teste, però. L'irta e sconnessa strada caucasica verso Stepantsminda è viscida, devastata e zeppa all'inverosimile di camion, bestioni stracarichi che, da/per la Russia, arrancano lungo la stretta strada militare dei tempi dello zar, improvvisamente esplosa dal 2022 in fondamentale direttrice commerciale delle merci che aggirano, con la Turchia nel ruolo di player principale, gli embarghi commerciali contro Putin.
La visuale è scarsa ma il poco che vedi è già molto; le cime maestose (qui ci sono un paio di 5mila cui il Monte Bianco fa solo solletico) discendono a valle a strapiombo, con pendenze vertiginose. In valli strettissime e canyon, si incuneano torrenti spumeggianti che tagliano netti le masse di neve ancora abbondantissima.
Improvvisamente una struttura ad anfiteatro, di chiaro stampo CCCP ma decorata in modo affascinante, si affaccia su una delle gole più spettacolari. Armonici archi si aprono con balconate panoramiche sull'orrido e, nonostante un po' di folla e le immancabili bancarelle, riesci a gustare il tutto.
Al proprio interno, il ventaglio in cemento armato è un'esplosione di colori. La figura dominante è San Giorgio, il martire soldato, il santo che forse più di tutti incarna e simboleggia la lotta, la battaglia contro il male, contro i cattivi, sempre in lotta con i tanti draghi che ci riserva ogni epoca.
Non è un caso che i georgiani abbiano il suo nome, che la loro patria si chiami come lui.
Mattacchioni ma pure fieri combattenti come pochi.
Bella gente questi georgiani.
Ararat
Ti svegli dal breve sonno, ti affacci alla finestra ancora stropicciato e lui è lì, insolitamente limpido. Da Yerevan non lo avevamo mai visto così pulito, le foschie cittadine lo celavano sempre in qualche tratto.
Oggi invece ci saluta in tutta la sua bellezza, resa ancora più scintillante dall'abbondante mantello delle nevi primaverili. Lo capisci solo giorni dopo che questo è un saluto, un addio in grande stile.
La mattina corre poi veloce come si era programmato, le moto non sono state troppo riluttanti nel risveglio, un po' di bei massaggi e via.
La campagna armena, con dolci declivi coltivati ci accompagna con giochi di verde magnifici, resi ancora più vividi dalla pioggia che ci fa compagnia per buona parte del viaggio.
Risaliamo a nord e l'Ararat scompare dietro le nostre spalle, raggiungiamo poi il lago Sevan con lo splendido monastero affacciato sulla penisola.
Poi le incombenze della frontiera armeno/georgiana ed infine, sul far della sera, ci accoglie la capitale Tbilisi.
giovedì 9 maggio 2024
Altro giro altro regalo.
Ormai è già passata la prima ora del giorno 9 maggio; sono mesi che ci pensi e lo declini in vari modi:9524, 09052024, nove maggio 2024, novemaggioduemilaventiquattro e via di seguito.
Pareva non arrivasse mai e adesso ne hai già sprecata la prima ora, che forse non sarebbe male dormire.
Ed invece sei sveglio ed inquieto; ti hanno strattonato di qui e di la le solite tribolazioni del lavoro fino all'ultimo, i pensieri dell'aver preso tutto, previsto tutto, sognato tutto. Ti punge il dispiacere di lasciare i tuoi affetti, di farli stare in pensiero, di lasciar loro le rogne mentre tu...
Tu vai ed hai voglia di andare come pure di restare, è una cosa strana che ti lascia nel limbo fino all'ultimo ma poi, fra poco, tutto si chiude. Un bacio, l'ultimo controllo e via.
Voleremo a Yerevan, si arriverà a notte tarda forse all'alba, poche ore di sonno che ti imponi per non rimpiangerle poi per strada ed ecco che siamo da Padre Elia. Un saluto, tanti abbracci, una capatina all'altare per salutare il Capo, una spolverata alle moto che si stiracchiamo dal sonno. Il Caucaso ci aspetta, dovremo varcarlo dal confine georgiano per arrivare in Russia, al Mar Caspio, alle pianure calmucche dove il delirio bellico di Hitler venne soffocato a Volgograd dalla tenacia dei combattenti e del popolo russo. Oggi, poco lontano, si combatte ancora e tu non capisci perché cazzo succede ancora, ed ancora, ed ancora.
Domani partiamo e vediamo che ci riserva la strada davanti a noi; la nostra metà è Samarcanda.