Le 2 moto inviate in missione in Russia (trattasi di impegno votato ad alto rischio ma questa è storia che racconteremo solo domani, chiedendo perdono per questo mezzuccio usato per aumentare l'audience) arrivarono a Vladikavkaz, capitale dell'Ossezia del Nord, sotto pioggia battente la sera di domenica.
Non li allietò, arrivati lì, sapere del terzo posto del Pecco. La notte passò poi a rimuginare se la scelta era stata giusta, a pensare ai compagni oltreconfine.
La mattina dopo però, venne spontaneo cercare di rompere l'atmosfera di malinconica depressione con uno squillante ...ma che due co...ni!
La pioggia era infatti ancora battente, mentre non c'era sconto alcuno per i km che conducevano ad Astrachan, 600 erano e 600 restavano.
Bagnati però.
La negativa atmosfera non miglioro' quando, dopo i primi chilometri, un cartello per la vicina Beslan ci ricordo' il massacro di circa vent'anni orsono.
Non potevi però ignorare la bellezza dei luoghi; pinete a perdita d'occhio, torrenti cristallini. Il meglio del paesaggio montano del Caucaso.
Anche la gente, quando ti fermavi, era gentile e felice di conoscerti; gentilezza che veniva solo un po' attenuata da quelle barbe all'uso islamico tanto in voga qui ma da noi sempre associate allo stereotipo del talebano tagliagole.
Poi il fondovalle è divenuto pianura, con enormi campi densi di grano, sempre con città ordinate e ben attrezzate. Infine le case sono divenute più semplici, rurali, ad un solo piano, con i quartieri e gli edifici circondati dai ghirigori delle grosse tubazioni esterne del gas; tristissima firma che connota l'intera urbanistica residenziale del periodo CCCP.
D'un tratto, in poche decine di chilometri, scompaiono il verde, le case, l'umanità ed inizia una steppa arida e grigia, sconfinata. Qui un tempo vivevano i calmucchi, etnia di origine mongola che, sin dai tempi degli Zar, aveva trovato un habitat simile a quello d'origine, adatto alla pastorizia ed alla vita nomade.
Qui la fanno da padroni i rapaci e le volpi; queste sono magre e scattanti, il rumore delle delle moto, per loro insolito, le fa scappare con grandi balzi e scarti ma poi, vinte dalla curiosità, si fermano a guardarti passare. I grandi occhi ancora più grandi.
Come era scomparsa la vita, d'improvviso, ricompare, tra le terre aride affiorano chiazze umide che diventano più estese, si trasformano in stagni ed in canali.
È l'enorme fiume Volga che si annuncia, con l'estuario sempre più vasto, scintillante.
Arrivi ad Astrachan con il sole che tramonta nel cielo ormai limpido, le acque blu intenso si incendiano colore rosso fuoco.
Potenza e splendore della natura.
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