lunedì 8 agosto 2016

Valle di Fergana, circa 100 km dal confine con il Kirghizistan, dieci di sera, internet caffè di un imprecisato paesino di campagna. Abbiam dedicato la mattina alla visita di Samarcanda e, per quanto la strada non fosse male, una notte veramente buia ci ha colti che mancavano ancora 50 km a Namangan. Abbiam deciso di fermarci perché, ancor più che altrove, i rischi erano altissimi: mucche, asini, pedoni, biciclette ed auto, tutti privi della minima fonte luminosa, emergono dal buio a circa un metro da te. Evitato l'evitabile, giustificate le prime due categorie e mandate affanculo le altre tre, la decisione viene presa: a costo di dormire in sacco a pelo ci si ferma. Al primo crocchio di persone chiediamo indicazioni, in pochi minuti da cinque che erano diventano trenta. Ognuno ha la sua sensata proposta che ascolti educatamente. Il problema, non piccolo, è che parlano tutti insieme. Ad alta voce. In uzbeco o dialetto uzbeco. Li guardiamo sorridendo e, a gesti, chiediamo che ci portino loro. Il più veloce è un ragazzo con moto MZ (bicilindrica di certo pregio, due tempi, credo di 350 c.c.) cui non pare vero di far tirare il collo a tre moto ben più potenti. In un batter d'occhio, schivando anatre galline e cristiani (o mussulmani) giungiamo ad una locanda. Dopo mangiato, scopriamo che pure la profonda campagna uzbeca è irresistibilmente attratta da internet. Età media bassissima ma molto numerosi i frequentatori, cui si aggiungono tre signori brizzolati (noi) che rassicurano casa. Da domani si entra in Kirghizistan con l'intenzione di fare tre giorni negli alpeggi di alta montagna (per i curiosi cliccate lago Song Kul o caravanserraglio Tash Rabat). Facilmente non ci sarà alcuna copertura internet. Ma non temete, lassù saremo meno in pericolo che tra questi matti in pianura!