Non è cosa da poco e ciò comporta sempre una bella fatica nel prepararsi alla partenza e noi, di partenze, salvo la sosta dai vignaioli, ne abbiamo avute ogni mattina.
Devi vedere se tutto è a posto e non dimenticare nulla; un po' di stress c'è quindi ogni giorno, già prima di saltare in sella.
Ma a noi piace viaggiare e quindi pure stamani siamo impazienti, la tappa non prevede grandi chilometraggi ma c'è abbastanza sterrato e quindi i tempi si allungano, tenendo pure conto che dobbiamo poi affrontare l'ultima frontiera tra Georgia ed Armenia.
Andiamo nei luoghi abitati da Davit Gareja e che ora prendono il nome da lui, venerato in tutta la Georgia.
Era il VI secolo, si parla quindi di 1500 anni fa, ed il georgiano Davit Gareja era un asceta cristiano in Siria quando decise di tornare a predicare in Georgia con altri 12 confratelli.
Scelsero di vivere in una steppa arida, lontana dal mondo, un luogo desolato e lunare. Si scavo' la cella nella roccia e, incredibilmente, si crearono proseliti intorno a lui (un San Francesco georgiano) e vennero eretti altri monasteri non troppo lontani. Lì, nel nulla assoluto.
Guadagnandoci con una certa fatica l'arrivo in quei luoghi così aspri, non abbiamo potuto non pensare che, davvero, la fede smuove le montagne.
Vedrete da voi, nelle foto, la bellezza e la semplicità di questo sito, posto proprio al confine con l'Azerbaigian, anzi a volte anche oltre detto confine, giacché al buon Davit Gareja importavano ben altre questioni.
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