mercoledì 2 agosto 2017


Prima di tutto vi raccontiamo una bellissima storia che ha come protagonisti una bimba mongola e dei benefattori italiani di cui, al momento, non conosciamo quasi nulla. L'ingresso in Mongolia non è stato dei migliori; nella frontiera russa abbiamo impiegato quasi tre ore ad uscire, a causa del minuzioso controllo doganale sulle numerose vetture mongole che ci precedevano, stipate all'inverosimile di occupanti e bagagli. I doganieri mongoli, per non essere da meno, ci han messo quatto ore. Solo verso le sedici varcavamo, alquanto smonati, la solitaria frontiera di Tsaaganur. I primi chilometri, per quanto ne fossimo già consci, ti disorientano: la strada non c'è, men che meno asfalto o cartelli! Sul tappeto erbose si disegnano invece tante piste sterrate, una, la più "grigia", è la principale ma attorno se ne diramano decine d'altre. Lungo queste conosciamo Bata, tipo sveglio e con piglio d'affarista. Saputo che siamo italiani ci dice che la sua nipotina, Mariam, è tornata da pochissimi giorni dall'Italia. Là, ad Udine, ha avuto vari interventi per lenire le profonde ustioni ad entrambe le mani, avute con la pentola d'acqua bollente nella gher (la tenda). L'esito è stato eccellente ed almeno la mano destra ha riavuto piena mobilità mentre la sinistra, più compromessa, ha almeno ripreso la prensilità. Bata ci propone di dormire nella gher della sua famiglia, a circa un'ora di strada, proprio verso le montagne ove siamo diretti. Affare fatto in un baleno, forse conosceremo Mariam e, quantomeno, fino alla sosta avremo una guida gratis, impratichendoci con questa anomala situazione.

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