sabato 5 agosto 2017


Pronti, via e fatti 400 metri (giuro!) io e Tokmuk eravamo già in terra. Con il Transalp di Renato! Spaccandogli lo specchio del retrovisore sinistro! Se il buon giorno si vede dal mattino... Quanti anni di guai? Andiamo con ordine: mentre noi dormivamo la famiglia, ragazzini compresi (diciamolo ai nostri figli!), è uscita alle 5 a mungere capre, pecore e mucche. Verso le 7.30 rientrano e si fa colazione (immaginate con cosa? Tea con bur...) e poi Tokmuk mi dice che si parte. Per me aveva una voglia matta di salire in moto, tanto più grande dei loro 150 c.c.. Il fatto è che lui era un armadio d'uomo, rigido come un baccalà peraltro, il passaggio nel solco scavato nella pietraia dal torrente non era facile, io imbranato ed ancora scosso da ieri, lui che si butta dove la moto era già inclinata: insomma...patapam ed eccomi debitore di uno specchietto. Nei quaranta minuti successivi, fortunatamente non succede altro e riesco ad arrivare, nella frizzantissina ed ancora imbronciata mattina successiva al diluvio, in una magnifica piccola valle ove vive Ermurat, amico di Tokmuk e proprietario di camion con cassone. Ci si accorda che lui, trovata manforte, passerà da noi visto che siamo sulla strada del passo. Così accade e di lì a due ore siamo in cima dalla V.B., infreddolita e super incazzata. Stupefatti osserviamo i tre che, con il nostro aiuto quasi simbolico, mettono la moto (250-280 kg) sul cassone con la forza delle sole braccia, sia pur aiutati da un dislivello. Si arriva poi ad Hotgor, si scarica la moto (niente dislivello questa volta e loro, fighetti, si fanno aiutare da un quarto). Il saldatore osserva il tutto, picchietta il forcellone per capirne il metallo, ordina che la moto sia gettata di lato e, mentre questa perde benzina (!!) sul lato sx, inizia in un nano secondo le operazioni sul lato dx, direttamente nel piazzale sabbioso del tugurio chiamato suo laboratorio.

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