sabato 5 agosto 2017

Sotto la pioggia intravediamo una gher posta in una valletta a fianco della carrareccia; ci dirigiamo lì speranzosi di trovare ospitalità. Quando arriviamo il proprietario è già davanti alla tenda, forse allertato dai due cani pastore che gli sono vicini e che ora ci annusano con interesse. Lui è Tokmuk proprietario delle greggi lì raggruppate e della gher, dove vive con moglie e due figli maschi di dieci, dodici anni. Non facciamo nemmeno in tempo a chiedergli se possiamo metter la nostra tenda vicino alla gher che lui, con un gesto, ci dice di entrare. Dentro troviamo i due ragazzini e la moglie Kona. Questa donna la vedremo al lavoro da quel momento fino alla pomeriggio successivo, quando lasceremo definitivamente la gher. Fuori diluvia, entriamo quindi nella tenda, circa 20 metri quadri, con bagagli tute caschi etc. che appoggiamo sulle stuoie che fungono da pavimento per metà della superficie. Dentro, rischiarato da debole neon (alimentato da pannello solare più batteria da camion) ci appare una scena d'altri tempi. Kona, in ginocchio (nella gher non ci sono sedie o tavoli), sta preparando delle carni di un animale, capra o pecora, da poco macellato: le interiora sono già appese sui tralicci in legno della struttura della gher e lì, nonostante piova, il telo è sollevato per consentire la programmata essicazione. Le carni sono invece ancora in lavorazione e la donna infila i vari pezzi con una corda, formando così una ghirlanda, forse per poi affumicarle. Non ci siamo ancora accovacciati che la donna ci offre una tazza di tea con burro di yak. È la loro bevanda tipica, l'abbiam già bevuta ma qui è carica come non mai è provoca un leggero senso di nausea. È calda, però, e la ingolli in un attimo. Con gli occhi che si abituano alla poca luce ecco particolari prima non notati: lo schermo di una tele (la mattina i ragazzi saranno, come i nostri, a bocca aperta avanti i cartoni animati), nella zona nobile la stupa (l'altarino) con immagini di Buddha e foto di famiglia, piccole tende che celano le stoviglie o gli indumenti, la sella, che deve restare asciutta, del cavallo di Tokmuk e, infine, il cranio spaccato in due metà del povero ovino macellato.

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